. . E sono fatto così, futile e sensibile, capace di impulsi violenti e trascinanti; cattivi e buoni; nobili e meschini; ma mai di un sentimento duraturo, mai di una emozione che persista e s’infiltri nella sostanza dell’anima.

. . In me tutto ha la tendenza ad essere in seguito qualcos’altro: un’insofferenza dell’anima con sé stessa, come con un bambino importuno;

. . un’inquietudine sempre crescente e sempre uguale.

. . Tutto m’interessa e niente m’intriga. A tutto presto attenzione, sempre senza smettere di sognare; rilevo i minimi movimenti del viso della persona con cui parlo, registro al millimetro le intonazioni delle sue espressioni vocali;

. . ma pur udendolo, non l’ascolto, penso a qualcos’altro, e ciò che meno ho inteso della conversazione sono stati gli argomenti trattati, sia da parte mia sia da parte del mio interlocutore.

. . Così, spesso, mi trovo a ripetere a qualcuno ciò che gli ho già detto o di nuovo gli domando quello a cui mi ha già risposto;

. . ma posso descrivere fotograficamente, in quattro parole, la fisionomia muscolare con la quale ha pronunciato quel che non ricordo, o la tendenza ad ascoltare con gli occhi con cui ha seguito le parole che io non ricordavo di avergli detto.

. . Io sono due, che si tengono a distanza — fratelli siamesi senza punti di contatto.